HOME RECORDING STUDIO

 

La Salamandra

 

AUDIOBOOKS  VOICEOVER      DOPPIAGGIO  VIDEOMAKER

CANTANTE  SCRITTRICE

 

image-229

MI DILETTO A SCRIVERE.

RACCONTATEMI LA VOSTRA STORIA

​I VOSTRI RICORDI.

 

NE FARO' UN LIBRO

NE FARO' UN AUDIOLIBRO

image-342

Mi è sempre piaciuto scrivere e descrivere le storie della vita. Le mie e quelle delle persone che hanno avuto un ruolo importante nella mia vita.

 

Poi mi è stato chiesto di scrivere una storia toccante, vera di una donna eccezionale. E così l'ho fatto e presto sarà a disposizione di tutti. Ringrazio Donato Leone per avermi dato l'opportunità di conoscere la vita della sua cara mamma e per avermi guidato nella ricostruzione degli eventi e della relazione tra essi.

 

Lascio qui una piccola dimostrazione della mia scrittura e anche una versione audiobook del libro che si chiama "IL SEGRETO DI ALBA".

dal romanzo "IL SEGRETO DI ALBA"

di Sonia Gabriella Milan Patton

  e Donato Leone dai ricordi sulla vita di sua madre

 

 

Ormai sapevo riconoscere quando la mamma cercava di addolcire una brutta notizia. Non capivano che avrebbero semplicemente potuto essere sinceri e dirmi le cose che sarebbero di lì a poco capitate. Ma non ne avevano la capacità e non gliene voglio per questo. Questa situazione più grande di loro aveva stravolto anche le loro vite e credevano che affidandosi ai medici ancora una volta avrebbero potuto aiutarmi a superare questo mio disagio. 

Entrammo in cucina e vidi i miei fratelli seduti al tavolo. Mi stavano guardando.

Poi qualcuno bussò al portone e il babbo andò ad aprire e vidi la solita macchina che ci aveva già portato a Bari e a Brindisi.

Poi la mamma mi abbracciò, mi diede un bacio sulla fronte e mi accompagnò verso la porta. Appena fuori, con mia grande sorpresa fui colpita dal fatto che i miei vicini di casa se ne stavano in silenzio al di là della strada, contro il muro della casa di fronte alla mia.. Mentre li guardavo, percepii nei loro occhi un curiosità morbosa. Poi inaspettatamente notai mio padre poco più in là che si teneva il viso tra le mani cercando maldestramente di nascondere le lacrime mentre parlava con uno dei vicini.

I nostri sguardi si incrociarono e lui si congedò e salimmo sulla macchina pronti alla volta di questo nuovo posto.

 

Sapevo che il viaggio sarebbe stato piuttosto lungo. Pensavo che forse Assuntina avrebbe potuto venirmi a trovare e quanto sarebbe stato bello rivederla e passare un pò di tempo assieme a lei. Con questi pensieri positivi mi addormentai e dormì profondamente fino all’arrivo, con Fortunata stretta tra le mie braccia.

Passammo attraverso un grande cancello percorrendo un lungo tratto dove c’era un grande parco, con molti alberi altissimi. Pensai subito che avrei potuto correre felice, fare delle belle passeggiate, riprendere a guardare il sole e tutti gli animaletti. C’erano delle panchine qua e là, con poche persone sedute. Notai che erano tutte vestite uguali. Di bianco. "Che strano!" pensai.

 

Ci fermammo di fronte a quella che doveva essere la porta principale. Il babbo aprì la portiera, scese dalla macchina e si incamminò verso un uomo che gli veniva incontro. Io aprì la portiera della macchina, Fortunata cadde a terra, stavo per chinarmi a raccoglierla quando una mano forte mi prese per un braccio e mi strattonò. 

Mi voltai e vidi una grande donna, con la bocca grande, la fronte corrucciata. Aveva un camice bianco, le scarpe anche erano bianche. Ossequiò mio padre con grande serietà e a malapena rivolse uno sguardo a me, stentando un sorriso sforzato e di ghiaccio. 

 

Guardandomi digrignava i denti e mi teneva ferma mentre un altra persona, questa volta un uomo sempre col camice bianco, mi prendeva l’altro braccio e insieme mi tirarono fuori dalla macchina e mi spinsero letteralmente dentro la porta del grande edificio. Ancora oggi mi riesce difficile capire come mai il babbo non reagì a quelle evidenti violenze assolutamente inutili. Sembrava che io solo potessi avvertire la violenza che sprigionavano quelle quattro dannate mani.

 

Non riuscì a salutare il babbo poiché vidi chiudersi la porta alle mie spalle. Non avevano nemmeno tentato di fingere né educazione e né riverenza sia nei miei confronti sia nei confronti di mio padre. Loro era il potere e lo facevano vedere senza veli, giustificandosi con un’autorità di cui si erano appropriati.

 

Urlai, mi dimenai, vedevo il babbo tramite i grandi finestroni che davano sul giardino di ingresso dell'edificio, lo chiamavo, lui era lì, immobile accanto al signore e piangeva asciugandosi le lacrime con un fazzoletto. Volevo la mia bambola, ma la vedevo sempre più lontana, per terra, ormai calpestata dalle ruote della macchina che stava parcheggiando.

 

Una volta dentro l’edificio, continuarono a tenermi ferma e a farmi camminare spingendomi. Non riuscivo a guardarmi intorno. Ero troppo impaurita. Guardavo avanti ed era come un‘onda travolgente che mi spingeva senza meta. Fino a quel momento non avevo mai avuto  consapevolezza della morte, ma in quei passi la sentì vicina. Entrammo in uno stanzino, tutto bianco con un lettino. La donna, sempre senza dire una parola, fece cenno all’uomo di tenermi stretta e con un gesto rapido mi sollevò la manica della camicetta e mi legò un laccio attorno al braccio.

 

Credevo che era giunto il momento in cui tutto sarebbe scomparso e finito, sentivo le lacrime scendermi sulle guance.

 

Questa era la scuola speciale? E perché il babbo singhiozzava? Cosa stava succedendo?

Non ebbi il tempo di farmi altre domande perché sentì una puntura ferirmi il braccio e un gran gelo penetrarmi la vena. Tutto divenne nero e fumoso.

Caddi addormentata per non so quanto tempo.

 

"The secret of Alba"

demo AUDIOBOOK

Versione in inglese 

"Il segreto di Alba"

demo AUDIOBOOK

Versione in italiano 

image-342slate-stone-surface-background-qk5rvceblack-dirty-chalkboard-55nfjzyfashion-blogger-writing-on-laptop-computer-fcedlmwshutterstock_1584389971